Otto mesi dopo Skyppy, mamma Duska metteva al mondo quattro cuccioli, due fulvi e due neri.
Se l'accoppiamento di Skyppy era stato frutto di accurati studi di pedigree e caratteristiche morfologiche, questi nuovi cucciolini erano il risultato della spermatozoica e rapinosa attività di Dero, il maschione nero di casa, più tardi detto "Inseminator" per la costanza e l'astuzia nel coprire tutte le femmine in calore che gli capitavano a tiro.
I due maschietti fulvi presero rapidamente la via di case amorose da tempo in attesa; le due femmine, Molly e Margot seguirono sorti diverse: Molly rimase in casa per futuri compiti di riproduttrice, e Margot venne ceduta ad un cacciatore del posto.Elisabetta cedette la cagnina a malincuore, la sua comprensione nei confronti dei cacciatori era già ridotta ai minimi termini, ma la cifra offerta era mirabolante, quasi il doppio di quella standard, e in effetti Margot sembrava nata per cacciare. Splendidamente proporzionata, aveva purtroppo ereditato il "difetto" di papà, quello di essere grossa. In un momento in cui sui ring imperava il cocker quasi "toy" per le dimensioni, Margot esibiva un fisico imponente e una testa bella nel disegno ma "importante" nelle dimensioni.
Ottenuta l'assicurazione che non sarebbe mai stata usata per riproduzione, Margot si trasferì alla corte di Tonino il pizzarolo.
Tonino era un tipo abbastanza sui generis, i suoi colleghi lo definivano malignamente, ma correttamente, il collezionista.
Fucili e cani erano il suo hobby; ne possedeva una quantità sproporzionata. La stanzetta dei fucili a casa sua sembrava un deposito di armi rastrellate dalla KFOR, e di cani ne aveva una trentina, numero continuamente variabile per compravendita, e non per allevamento, perché non gli interessava.
Il fatto è che i fucili si accontentano di una oliatina ogni tanto, i cani hanno bisogno di cibo, cure e affetto. A questo provvedeva il suocero pensionato, che detestava la caccia ma amava i cani, e che distribuiva loro, per l'intera giornata, cibo, cure e tutto l'affetto che si può dare a trenta cani contemporaneamente. Le mute di setter, pointer, segugi, beagles e spinoni ogni tanto venivano trasferiti da questo o quello specialista per il "dressaggio", oppure caricati su un furgone IVECO a passo lungo tutto gabbie, deposito di mangime e frigo motorizzato, traghettati nei Balcani, per essere riportati a casa insieme a un frigo straripante di selvaggina che veniva consumata in cene "private" nella pizzeria.
Già, la pizzeria…Pizzeria-Ristorante "Al Mulino Vecchio", quella che forniva a Tonino le notevoli risorse economiche per il suo hobby.
Lungo la riva boscosa dell'Esino, un vialetto piastrellato tagliava in due un grande prato all'inglese, in estate coperto da tavole e ombrelloni, e terminava davanti a un grande edificio a un solo piano in stile spagnolo, tutto cemento bianco e cristalli termici, condizionato, riscaldato e anche belloccio, perché uscito dalla matita di un architetto vero e non del solito capomastro. Dentro, lunghi tavoli in legno "arte povera", due forni a legna e una cucina "open air" scintillante di rame e acciaio inox.
Un menù in cui solo le pizze occupavano tre pagine, vino locale e pochi ma sostanziosi piatti della cucina marchigiana facevano si che il locale lavorasse perpetuamente a pieno carico, sia in estate che in inverno.
Dietro, separato da una robusta recinzione integrata da siepi impenetrabili e curatissime, un vecchio casale splendidamente restaurato, il vecchio mulino, appunto, e dietro ancora un dedalo di box in cemento e grate in acciaio, con tutta la tribù dei cani.
Il cancello posteriore si apriva direttamente sul greto boscoso del fiume.
In uno di quei box, per altro curatissimi e collegati all'impianto di riscaldamento della casa, andò ad allocarsi Margot, cucciolina di quattro mesi.
Abitata alla convivenza casalinga con la sorella e con una moltitudine di suoi simili, si ritrovò sola a dormire al buio, circondata da torme di cani invisibili ma che abbaiavano a più non posso.
Furono tempi durissimi per la cagnina; il vecchio Giorgio ogni giorno la portava nella capanna "di servizio", la spazzolava e la coccolava ma…era dura lo stesso.
Poi cominciò l'addestramento lungo il greto del fiume, con la povera Margot che non capiva che cavolo volesse da lei quell'omaccione urlante. Per fortuna il DNA le venne in soccorso, Margot comprese cosa ci si aspettava da lei, che il botto del fucile faceva parte del gioco, e divenne un piccolo demonio dello "sporco", che si infilava spavaldamente in ogni siepe, cespuglio o rovo.
Comunque, non era bella da vedere. Per quanto ben nutrita, era sempre magrolina per via dell'enorme attività fisica, il folto e lungo pelo nero sempre opaco di sporcizia veniva selvaggiamente sforbiciato perché non fosse d'impiccio nei rovi.
Con Elisabetta, l'allevatrice, e con la scusa di una pizza eravamo stati spesso a trovarla, e sempre Elisabetta aveva lasciato la pizza a metà, con un groppo sullo stomaco, abbandonandosi poi a furibondi anatemi contro la classe venatoria in generale e contro Tonino in particolare, che teneva così la "sua" bestiola.
L'azienda era, fin dove possibile, a conduzione familiare: Tonino pizzarolo titolare di uno dei due forni, la moglie cuoca e la loro unica figlia alla cassa. Laura, che frequentava ragioneria, si era installata alla cassa fin da quando aveva sedici anni, e lavorava duro. Brava anche a scuola, alla fine dell'estate del 99 era la gioia del commercialista dell'azienda, che trovava sempre il lavoro pronto, preciso e infiocchettato, con i libri contabili che quadravano alla lira.
Ma Tonino era un padre affettuoso e riconoscente: al compimento del diciottesimo anno la ragazza aveva avuto un conto corrente in banca tutto suo, nonché una Punto Cabrio accessoriatissima e uno stipendio di un milione mensile. Può non sembrare tanto, per le ore che passava alla cassa e il lavoro di contabilità, ma c'è da considerare che si trattava in sostanza di tutto "argent de poche", perché i vestiti li pagava mammà e la benzina della macchina andava nel conto che Tonino aveva per tutte le auto dell'azienda da un vicino rifornitore.
In quegli ultimi giorni di Agosto del 99 Laura, quell'anno diplomatasi ragioniera, nel primo pomeriggio andò a trovare il nonno, che come al solito accudiva ai cani, e in quel momento stava spazzolando Margot.
Dopo mesi di inattività la cagna aveva messo su ciccia e il pelo era ricresciuto lungo e foltissimo e Laura, che non aveva mai badato ai cani, si trovò a dire:
- Accidenti, quanto è bella! -
- Certo, che è bella - confermò il nonno - e poi, se fosse tolettata….-
- Quasi quasi la porto ai giardini….-
- Perché no? - infierì il nonno, contento che almeno un cane fosse sottratto da quel lager
- Però chiudi la capote, che se no questa salta giù, non è abituata -
Con un vecchio guinzaglio da caccia, Margot fu imbarcata sulla Punto, a capote e vetri chiusi…e dopo mezzo chilometro Laura si rese conto che Margot puzzava come una chiavica. Non si perse d'animo, e avendo comunque in animo di comprarle un nuovo guinzaglio, puntò sparata verso il negozio di toelettatura - cibo e accessori di Jesi.
Non è un modo di dire, perché la fanciulla correva e corre come Schumacher: dopo pochi minuti Margot era sul tavolo del tolettatore.
- Me la lavi subito? -
- Direi che ne ha un gran bisogno - ammise il lavacani.
Così, mentre la cagna veniva insaponata e risciacquata innumerevoli volte, Laura si attacco al telefonino e chiamò Elisabetta:
- Bettina, sono Laura del Mulino. Mi toletti Margot? -
Ora, bisogna sapere che Bettina, prima di tolettarti uno dei suoi cocker si informa sulle quotazioni delle Borse europee e del Nasdaq, della situazione politica in Medio ed Estremo Oriente e se il Dalai Lama ha fatto la cacca; ma quando sentì il nome di Margot la risposta fu immediata:
- Portala su -
Intanto Margot era uscita dai phon del lavacani, una nuvola di pelo nero luccicante, ed era stata dotata di collarino e guinzaglio in cuoio dorato, e faceva un effetto spettacoloso. Di nuovo imbarcata, quindici chilometri a tempo di qualifica, ed eccola sul tavolo da toelettatura di una Bettina raggiante, che in un'ora di duro lavoro riuscì a strappare a Laura un "Ohhhh" di meraviglia. E finalmente, il momento dell'esibizione.
Margot sbarcò ai Giardini di Jesi in tutto il suo splendore, e fece sensazione : ragazze e ragazzi mai visti che si avvicinavano, giovani cinofili che portavano i loro cani ad annusare la nuova star, che intanto si esibiva con secca precisione nell'esecuzione degli ordini che anche Laura conosceva, a terra, seduta e soprattutto un "UP" surgelato che mandò in visibilio i padroni di molti agitatissimi cani. Pregata di lasciarla libera, Laura accontentò il pubblico improvvisato, e Margot per mostra e dimostra eseguì i comandi "da caccia" con altrettanta precisione. Poi, temendo che gli altri cagnotti la giudicassero una ragazzotta pappamolle, si esibì in fulminee rincorse, bruciando sullo sprint cagnoni ben più grossi di lei.
Tornata a casa, Margot venne restituita al suo box. Quando l'indomani Laura prese la bestiola per riportarla in città, la ritrovò che puzzava di brutto. "Basta box", decise; nuovo bagno, Margot passò la serata a ruzzare nel giardino di casa e la sera venne introdotta furtivamente in camera sua, dove passò la notte su un vecchio ma pulitissimo tappetino da bagno.
Dopo qualche giorno, fine mese, Laura presentò al padre da firmare gli assegni dello stipendio dei dipendenti.
Il padre li firmò tutti, poi chiese:
- E il tuo dov'è? -
Per tutta risposta la ragazza gli squadernò sotto il naso il pedigree di Margot, gli indicò la riga in fondo e disse tranquilla:
- Firma q
Otto mesi dopo Skyppy, mamma Duska metteva al mondo quattro cuccioli, due fulvi e due neri.
Se l'accoppiamento di Skyppy era stato frutto di accurati studi di pedigree e caratteristiche morfologiche, questi nuovi cucciolini erano il risultato della spermatozoica e rapinosa attività di Dero, il maschione nero di casa, più tardi detto "Inseminator" per la costanza e l'astuzia nel coprire tutte le femmine in calore che gli capitavano a tiro.
I due maschietti fulvi presero rapidamente la via di case amorose da tempo in attesa; le due femmine, Molly e Margot seguirono sorti diverse: Molly rimase in casa per futuri compiti di riproduttrice, e Margot venne ceduta ad un cacciatore del posto.
Elisabetta cedette la cagnina a malincuore, la sua comprensione nei confronti dei cacciatori era già ridotta ai minimi termini, ma la cifra offerta era mirabolante, quasi il doppio di quella standard, e in effetti Margot sembrava nata per cacciare. Splendidamente proporzionata, aveva purtroppo ereditato il "difetto" di papà, quello di essere grossa. In un momento in cui sui ring imperava il cocker quasi "toy" per le dimensioni, Margot esibiva un fisico imponente e una testa bella nel disegno ma "importante" nelle dimensioni.
Ottenuta l'assicurazione che non sarebbe mai stata usata per riproduzione, Margot si trasferì alla corte di Tonino il pizzarolo.
Tonino era un tipo abbastanza sui generis, i suoi colleghi lo definivano malignamente, ma correttamente, il collezionista.
Fucili e cani erano il suo hobby; ne possedeva una quantità sproporzionata. La stanzetta dei fucili a casa sua sembrava un deposito di armi rastrellate dalla KFOR, e di cani ne aveva una trentina, numero continuamente variabile per compravendita, e non per allevamento, perché non gli interessava.
Il fatto è che i fucili si accontentano di una oliatina ogni tanto, i cani hanno bisogno di cibo, cure e affetto. A questo provvedeva il suocero pensionato, che detestava la caccia ma amava i cani, e che distribuiva loro, per l'intera giornata, cibo, cure e tutto l'affetto che si può dare a trenta cani contemporaneamente. Le mute di setter, pointer, segugi, beagles e spinoni ogni tanto venivano trasferiti da questo o quello specialista per il "dressaggio", oppure caricati su un furgone IVECO a passo lungo tutto gabbie, deposito di mangime e frigo motorizzato, traghettati nei Balcani, per essere riportati a casa insieme a un frigo straripante di selvaggina che veniva consumata in cene "private" nella pizzeria.
Già, la pizzeria…Pizzeria-Ristorante "Al Mulino Vecchio", quella che forniva a Tonino le notevoli risorse economiche per il suo hobby.
Lungo la riva boscosa dell'Esino, un vialetto piastrellato tagliava in due un grande prato all'inglese, in estate coperto da tavole e ombrelloni, e terminava davanti a un grande edificio a un solo piano in stile spagnolo, tutto cemento bianco e cristalli termici, condizionato, riscaldato e anche belloccio, perché uscito dalla matita di un architetto vero e non del solito capomastro. Dentro, lunghi tavoli in legno "arte povera", due forni a legna e una cucina "open air" scintillante di rame e acciaio inox.
Un menù in cui solo le pizze occupavano tre pagine, vino locale e pochi ma sostanziosi piatti della cucina marchigiana facevano si che il locale lavorasse perpetuamente a pieno carico, sia in estate che in inverno.
Dietro, separato da una robusta recinzione integrata da siepi impenetrabili e curatissime, un vecchio casale splendidamente restaurato, il vecchio mulino, appunto, e dietro ancora un dedalo di box in cemento e grate in acciaio, con tutta la tribù dei cani.
Il cancello posteriore si apriva direttamente sul greto boscoso del fiume.
In uno di quei box, per altro curatissimi e collegati all'impianto di riscaldamento della casa, andò ad allocarsi Margot, cucciolina di quattro mesi.
Abitata alla convivenza casalinga con la sorella e con una moltitudine di suoi simili, si ritrovò sola a dormire al buio, circondata da torme di cani invisibili ma che abbaiavano a più non posso.
Furono tempi durissimi per la cagnina; il vecchio Giorgio ogni giorno la portava nella capanna "di servizio", la spazzolava e la coccolava ma…era dura lo stesso.
Poi cominciò l'addestramento lungo il greto del fiume, con la povera Margot che non capiva che cavolo volesse da lei quell'omaccione urlante. Per fortuna il DNA le venne in soccorso, Margot comprese cosa ci si aspettava da lei, che il botto del fucile faceva parte del gioco, e divenne un piccolo demonio dello "sporco", che si infilava spavaldamente in ogni siepe, cespuglio o rovo.
Comunque, non era bella da vedere. Per quanto ben nutrita, era sempre magrolina per via dell'enorme attività fisica, il folto e lungo pelo nero sempre opaco di sporcizia veniva selvaggiamente sforbiciato perché non fosse d'impiccio nei rovi.
Con Elisabetta, l'allevatrice, e con la scusa di una pizza eravamo stati spesso a trovarla, e sempre Elisabetta aveva lasciato la pizza a metà, con un groppo sullo stomaco, abbandonandosi poi a furibondi anatemi contro la classe venatoria in generale e contro Tonino in particolare, che teneva così la "sua" bestiola.
L'azienda era, fin dove possibile, a conduzione familiare: Tonino pizzarolo titolare di uno dei due forni, la moglie cuoca e la loro unica figlia alla cassa. Laura, che frequentava ragioneria, si era installata alla cassa fin da quando aveva sedici anni, e lavorava duro. Brava anche a scuola, alla fine dell'estate del 99 era la gioia del commercialista dell'azienda, che trovava sempre il lavoro pronto, preciso e infiocchettato, con i libri contabili che quadravano alla lira.
Ma Tonino era un padre affettuoso e riconoscente: al compimento del diciottesimo anno la ragazza aveva avuto un conto corrente in banca tutto suo, nonché una Punto Cabrio accessoriatissima e uno stipendio di un milione mensile. Può non sembrare tanto, per le ore che passava alla cassa e il lavoro di contabilità, ma c'è da considerare che si trattava in sostanza di tutto "argent de poche", perché i vestiti li pagava mammà e la benzina della macchina andava nel conto che Tonino aveva per tutte le auto dell'azienda da un vicino rifornitore.
In quegli ultimi giorni di Agosto del 99 Laura, quell'anno diplomatasi ragioniera, nel primo pomeriggio andò a trovare il nonno, che come al solito accudiva ai cani, e in quel momento stava spazzolando Margot.
Dopo mesi di inattività la cagna aveva messo su ciccia e il pelo era ricresciuto lungo e foltissimo e Laura, che non aveva mai badato ai cani, si trovò a dire:
- Accidenti, quanto è bella! -
- Certo, che è bella - confermò il nonno - e poi, se fosse tolettata….-
- Quasi quasi la porto ai giardini….-
- Perché no? - infierì il nonno, contento che almeno un cane fosse sottratto da quel lager
- Però chiudi la capote, che se no questa salta giù, non è abituata -
Con un vecchio guinzaglio da caccia, Margot fu imbarcata sulla Punto, a capote e vetri chiusi…e dopo mezzo chilometro Laura si rese conto che Margot puzzava come una chiavica. Non si perse d'animo, e avendo comunque in animo di comprarle un nuovo guinzaglio, puntò sparata verso il negozio di toelettatura - cibo e accessori di Jesi.
Non è un modo di dire, perché la fanciulla correva e corre come Schumacher: dopo pochi minuti Margot era sul tavolo del tolettatore.
- Me la lavi subito? -
- Direi che ne ha un gran bisogno - ammise il lavacani.
Così, mentre la cagna veniva insaponata e risciacquata innumerevoli volte, Laura si attacco al telefonino e chiamò Elisabetta:
- Bettina, sono Laura del Mulino. Mi toletti Margot? -
Ora, bisogna sapere che Bettina, prima di tolettarti uno dei suoi cocker si informa sulle quotazioni delle Borse europee e del Nasdaq, della situazione politica in Medio ed Estremo Oriente e se il Dalai Lama ha fatto la cacca; ma quando sentì il nome di Margot la risposta fu immediata:
- Portala su -
Intanto Margot era uscita dai phon del lavacani, una nuvola di pelo nero luccicante, ed era stata dotata di collarino e guinzaglio in cuoio dorato, e faceva un effetto spettacoloso. Di nuovo imbarcata, quindici chilometri a tempo di qualifica, ed eccola sul tavolo da toelettatura di una Bettina raggiante, che in un'ora di duro lavoro riuscì a strappare a Laura un "Ohhhh" di meraviglia. E finalmente, il momento dell'esibizione.
Margot sbarcò ai Giardini di Jesi in tutto il suo splendore, e fece sensazione : ragazze e ragazzi mai visti che si avvicinavano, giovani cinofili che portavano i loro cani ad annusare la nuova star, che intanto si esibiva con secca precisione nell'esecuzione degli ordini che anche Laura conosceva, a terra, seduta e soprattutto un "UP" surgelato che mandò in visibilio i padroni di molti agitatissimi cani. Pregata di lasciarla libera, Laura accontentò il pubblico improvvisato, e Margot per mostra e dimostra eseguì i comandi "da caccia" con altrettanta precisione. Poi, temendo che gli altri cagnotti la giudicassero una ragazzotta pappamolle, si esibì in fulminee rincorse, bruciando sullo sprint cagnoni ben più grossi di lei.
Tornata a casa, Margot venne restituita al suo box. Quando l'indomani Laura prese la bestiola per riportarla in città, la ritrovò che puzzava di brutto. "Basta box", decise; nuovo bagno, Margot passò la serata a ruzzare nel giardino di casa e la sera venne introdotta furtivamente in camera sua, dove passò la notte su un vecchio ma pulitissimo tappetino da bagno.
Dopo qualche giorno, fine mese, Laura presentò al padre da firmare gli assegni dello stipendio dei dipendenti.
Il padre li firmò tutti, poi chiese:
- E il tuo dov'è? -
Per tutta risposta la ragazza gli squadernò sotto il naso il pedigree di Margot, gli indicò la riga in fondo e disse tranquilla:
- Firma qui, e poi questo - Oltre al passaggio di proprietà, la ragazza aveva preparato una dichiarazione in cui in cambio di due mesi di stipendio riceveva in proprietà un cocker spaniel nero di nome Margot del Falco Blu, per il commercialista.
- Ma i cani sono anche tutti tuoi, sei mia figlia o no? - obbiettò il padre sbalordito
- Niente "anche" e niente "tutti" - ribatté decisa la ragazza - Margot deve essere mia e solo mia - E aggiunse bellicosa - …e basta box e caccia! -
Il padre sbottò a ridere, firmò la cessione sul pedigree, stracciò la dichiarazione e compilò un assegno di un milione a nome della figlia, e poiché quella protestava, ribatté cercando di essere duro:
- Cavolo, il cane è mio, sarò pure padrone di regalarlo! O no? -
Margot, da buon cocker, ha avuto una mano e si è presa tutto il braccio: adesso dorme a letto con la sua nuova padrona. Passa le mattinate nella Punto nel parcheggio della Facoltà di Economia e Commercio, scendendo fra gli austeri colonnati della ex caserma per passeggiatine igieniche fra una lezione e l'altra, attirando l'interesse di studenti e professori.
Le serate le passa invece su uno sgabello alto un metro, accanto alla cassa della pizzeria; ogni tanto scende per salutare e festeggiare ospiti abituali e, per ricordare a tutti che è una ex atleta, se pure con qualche etto di troppo, si esibisce in uno spettacolare salto da fermo per risalire.
La caccia? E chi ci pensa più!
Claudio Barbanera